L’acquisizione della partita IVA da parte di un ente non commerciale sottintende che l’interessato effettua operazioni che hanno i connotati dell’esercizio di attività d’impresa, secondo i principi enunciati nella risoluzione n. 126/E del 2011 (rilevanti ai fini IVA e IRES) e, conseguentemente, che sussiste in capo allo stesso l’obbligo della tenuta delle scritture contabili nonché il conseguente obbligo dichiarativo: è quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 312/2022, pubblicata lo scorso 27 maggio.
Ed infatti, come chiarito con la risoluzione 16 dicembre 2011, n.126/E, ai sensi del primo comma dell’art. 20, del d.P.R. n. 600 del 1973, il presupposto affinché anche agli enti non commerciali sia imposta la tenuta delle stesse scritture contabili che il medesimo decreto prescrive per le imprese commerciali, le società e gli enti equiparati, è che tali enti esercitino “attività commerciali“, intendendosi per tali quelle che sono produttive, per i medesimi enti, di reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 55 del TUIR, ai fini IRES, e che assumono, in capo agli stessi, rilevanza agli effetti dell’IVA in quanto costituenti esercizio di attività d’impresa.
In sintesi, l’attività posta in essere da un ente non commerciale assume i connotati dell’attività d’impresa, sia ai fini IRES che IVA, laddove la stessa presenti i caratteri dell’abitualità, professionalità e sistematicità, circostanza che sussiste anche nelle ipotesi in cui l’attività sia posta in essere in occasione della realizzazione di un unico affare, tenuto conto della rilevanza economica dello stesso e della complessità delle operazioni che sono necessarie alla sua effettuazione (cfr. risoluzione n. 286/E del 2007).