L’anticipazione di tesoreria può essere utilizzata per far fronte a divergenze temporanee nei flussi di entrata e di spesa che abbiano carattere contingente e che devono essere ricondotte ad un corretto equilibrio finanziario nel corso dell’esercizio, non potendo essere utilizzata per sanare situazioni di alterazione della gestione che comportino la sussistenza di situazioni di disavanzo: è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per l’Emilia Romagna, nella delib. n. 55/2022/PRSP, depositata lo scorso 24 maggio.
Il fatto che un Comune, nel corso dell’esercizio, abbia contratto delle anticipazioni di tesoreria per l’intero periodo, per importi che rimangono considerevoli e che la tendenza – già verificatasi in precedenza con continuità – perduri rischia di trasformare tale istituto da strumento di correzione degli squilibri temporali tra riscossioni e pagamenti in una forma d’indebitamento vero e proprio, gestito in alternativa al debito ordinario. Tale operazione, quando si verifica senza soluzione di continuità, costituisce comportamento difforme dai criteri di una sana e prudente gestione finanziaria e, per l’assenza del presupposto della temporaneità del deficit di cassa, rappresenta un sintomo di possibile violazione della regola aurea di destinazione dell’indebitamento alle spese d’investimento.
L’impiego reiterato di tale strumento, come in questo caso, oltre a rappresentare un comportamento evidentemente difforme dalla sana gestione finanziaria, dimostra l’esistenza di squilibri di bilancio, che potrebbero pregiudicare seriamente la sana gestione finanziaria dell’ente. Inoltre, il ricorso all’anticipazione generalmente è l’effetto della verosimile presenza in bilancio di residui attivi insussistenti o di dubbia esigibilità, la cui mancata eliminazione fa sì che non emergano disavanzi della gestione residui e obbliga, quindi, l’ente al reperimento delle risorse indispensabili a finanziare lo squilibrio di cassa.