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Il rimborso dell’acquisto del laptop/tablet al figlio del dipendente trasferito all’estero non è reddito da lavoro dipendente

Il rimborso da parte del datore di lavoro delle spese sostenute dai dipendenti che rientrano nella categoria dei trasferiti all’estero per l’acquisto di laptop/tablet al figlio studente non costituisce reddito da lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51, comma 2, lettera f-bis), del TUIR (DPR n. 917/1986): è quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 294/2022, pubblicata lo scorso 24 maggio.

Come è noto, ai sensi dell’art. 51, comma 1, del TUIR, costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. La predetta disposizione sancisce il c.d. principio di onnicomprensività nel concetto di reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante in forza del quale sia gli emolumenti in denaro e sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi ed alle opere offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti, ovvero da terzi costituiscono, in generale, redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Il medesimo art. 51 individua, tuttavia, ai commi successivi, specifiche deroghe al suddetto principio, elencando le componenti reddituali che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte; in particolare, il comma 2, lett. f-bis) prevede che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente “le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari”.

Per quanto concerne le modalità di erogazione delle prestazioni, l’attuale formulazione della lettera f-bis) conferma la possibilità che il datore di lavoro eroghi i servizi di educazione ed istruzione direttamente o tramite terzi, nonché attraverso la corresponsione ai dipendenti di somme di denaro da destinare alle finalità indicate anche a titolo di rimborso di spese già sostenute, sempreché acquisisca e conservi la documentazione comprovante l’utilizzo delle somme da parte del dipendente coerentemente con le finalità per le quali sono state corrisposte.

Nella risoluzione 27 maggio 2021, n. 37/E era stato chiarito che non concorre al reddito di lavoro dipendente il rimborso erogato dal datore di lavoro per le spese sostenute dal dipendente per l’acquisto del pc, laptop e tablet quali strumenti necessari, previsti dai regolamenti di istituto, per la fruizione dei servizi di educazione e istruzione, ovvero per garantire la frequenza nella cd. “classe virtuale” e, conseguentemente, la relazione tra docenti e discenti.

Inoltre, nella circolare 22 dicembre 2000, n. 238 è stato precisato che rientrano nella lettera f-bis) le erogazioni di somme corrisposte al dipendente per assegni, premi di merito e sussidi per fini di studio a favore di familiari di cui all’art. 12 del TUIR. In tale nozione sono stati ricompresi i contributi versati dal datore di lavoro per rimborsare al lavoratore le spese sostenute per le rette scolastiche, tasse universitarie, libri di testo scolastici, nonché gli incentivi economici agli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell’ambito scolastico (cfr. circolare 16 giugno 2016, n. 28/E).

Affinché le predette somme e valori risultino detassati è necessario che l’offerta sia rivolta alla “generalità dei dipendenti” o a “categorie di dipendenti“. Al riguardo, è stato più volte precisato (cfr., tra l’altro, circolari 23 dicembre 1997, n. 326 e 15 giugno 2016, n. 28/E) che l’esclusione dal reddito non è riconosciuta qualora i benefit elencati nel comma 2 dell’art. 51 del TUIR siano rivolti ad personam.

È stato inoltre chiarito che l’espressione “categorie di dipendenti” va intesa anche con riferimento a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio, di un certo livello o di una certa qualifica), a prescindere dalla circostanza che in concreto solo alcuni di essi ne fruiscano (cfr. circolare 29 marzo 2018, n. 5/E, par. 4.9): si tratta, ad esempio, del caso specifico affrontato dall’Agenzia nella risposta in discorso.