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La transazione tra il Comune ed un terzo richiede necessariamente la forma scritta

Una transazione tra il Comune ed un terzo deve, a pena di nullità, assumere la suddetta forma scritta, considerato il principio generale secondo cui la volontà di obbligarsi da parte della P.A. non può desumersi da atti o fatti concludenti, dovendo, per converso, manifestarsi attraverso la forma scritta: è quanto evidenziato dal TAR Lazio, Latina, sez. I, nella sent. 1° aprile 2022, n. 319.

Secondo i giudici, infatti, prevale, sulla regola generale di cui all’ art. 1967 c.c., che richiede, per tale tipo di contratto, detta forma solo “ad probationem”, il principio, avente carattere di specialità, secondo il quale i contratti della P.A. richiedono la forma scritta “ad substantiam” (Cass. civ., sez. I, sent. 14 gennaio 2019, n. 638).

È necessaria, poi, di norma, la previa adozione di apposita deliberazione amministrativa munita di motivazione puntuale circa la necessità e l’opportunità della transazione stessa, così da salvaguardare il fondamentale valore della certezza dei rapporti pubblicistici e scongiurare il rischio di inutili esborsi di denaro pubblico, se non addirittura di accordi illeciti (TAR Sardegna, sez. I, sent. 18 settembre 2017, n. 586).

Nel caso specifico oggetto di valutazione da parte dei giudici di Latina, non essendo stato depositato in giudizio alcun atto scritto relativo all’esistenza di una transazione, è stato affermato che i pagamenti effettuati dal Comune non potevano considerarsi a titolo di “saldo e stralcio” transattivo ma quali meri pagamenti parziali dell’importo originario dovuto.