La nozione di volume d’affari negli appalti pubblici

Negli appalti pubblici il volume d’affari è un sinonimo del fatturato prodotto nell’anno solare: è quanto affermato dal TAR Puglia, Bari, sez. III, nella sent. 17 febbraio 2022, n. 264.

Come affermato in passato dalla giurisprudenza, il volume di affari indica il fatturato effettivamente realizzato: “Si tratta di una definizione tratta dall’art. 20 del Testo Unico sull’IVA (D.P.R. n. 633/1972), secondo cui per volume d’affari del contribuente si intende l’ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi dallo stesso effettuate, registrate o soggette a registrazione con riferimento a un anno solare. Si fa, insomma, riferimento all’attività in concreto espletata dal contribuente (cfr. Cassazione civile, sez. trib. 18 gennaio 2006, n. 912 e Cass. n. 235/1999), così come risultante dalle dichiarazioni IVA (ovvero dai bilanci dell’impresa): dichiarazioni IVA e/o bilanci sono, del resto, le uniche fonti riconosciute dalle stazioni appaltanti per dimostrare, sotto il profilo di un fatturato/volume d’affari minimo, la sussistenza o meno del requisito della capacità economica e finanziaria di cui all’attuale art. 41 D. Lgs. n. 163/2006” (TAR Emilia Romagna, Bologna, sent. n. 1424/2008).

In sostanza, secondo i giudici pugliesi, “il fatturato globale di una impresa corrisponde al totale degli imponibili IVA per cessioni di beni o prestazioni di servizi contenuto nella relativa dichiarazione”.

 

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