Il Sindaco che viola il principio dell’imparzialità commette abuso d’ufficio

Il Sindaco che, in violazione del principio dell’imparzialità, non rinnova l’incarico di responsabile di area del Comune per dimostrati fini ritorsivi e discriminatori, commette il reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.): è quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sez. I penale, nella recente sent. 2080/2022.

Secondo i giudici, gli articoli 54 e 97 della Costituzione, che stabiliscono, rispettivamente, che le funzioni pubbliche devono essere esercitate con disciplina ed onore e che i pubblici uffici devono essere organizzati in modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa, “contengono un immediato risvolto applicativo, imponendo da un lato il rispetto della causa di attribuzione del potere, in modo che lo stesso non sia esercitato al di fuori dei suoi presupposti, e dall’altro l’imparzialità dell’azione, la quale non deve essere contrassegnata da profili di discriminazione e ingiustizia manifesta, aspetti di per sé contrastanti con l’intero assetto costituzionale dei poteri amministrativi, come in concreto poi disciplinati dalla legge”:

L’art. 97 Cost., se riguardato dalla prospettiva delle condotte ritorsive o discriminatorie, e quindi
dalle condotte assunte in spregio al contenuto minimo del principio di imparzialità dell’azione amministrativa, esprime una specifica regola di condotta, quale è appunto quella di astenersi dal tenere quel tipo di comportamenti: ergo, la relativa violazione rileva ai fini della configurabilità del reato di abuso d’ufficio.

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