È opportuno operare sempre una rigorosa ed attenta verifica delle voci classificate nei residui e mantenere in bilancio solo quelle per le quali la riscossione e/o il pagamento possano essere previsti con un ragionevole grado di certezza: è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per l’Emilia Romagna, con la delib. n. 268/2021/PRSE, depositata lo scorso 24 dicembre.
Al riguardo, infatti, al fine di conferire veridicità ed attendibilità al bilancio dell’Amministrazione locale, il legislatore ha stabilito che, al termine di ciascun esercizio, prima dell’inserimento in bilancio dei residui, l’Ente debba procedere ad una specifica operazione di riaccertamento tesa a verificare le posizioni creditorie/debitorie.
Non solo: la Corte – nel richiamare la normativa di cui all’art. 3, comma 4, del Decreto Legislativo n. 118/2011, che disciplina le operazioni di riaccertamento dei residui attivi e passivi, nonché il paragrafo 9.1 del principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria, allegato 4/2 al d.lgs. n. 118/2011 – ribadisce che risulta necessario, da parte dei singoli responsabili, rendere disponibile adeguata motivazione in caso di mantenimento o di cancellazione dei residui, al fine di addivenire ad una più corretta e precisa rappresentazione contabile dei dati di bilancio, tale da consentire le verifiche necessarie per l’accertamento del rispetto del principio della veridicità.
Inoltre, considerata la finalità della norma, deve trattarsi di un controllo sostanziale e non solo formale: l’Ente, cioè, non può limitarsi a verificare che continui a sussistere il titolo giuridico del credito, l’esistenza del debitore e la quantificazione del credito, ma deve accertare l’effettivo obbligo di riscuotere il credito, attraverso un prudente apprezzamento dell’esistenza dei requisiti essenziali previsti dall’ordinamento, e le ragioni per le quali non è stato riscosso in precedenza, cosicché ove risulti che il credito, di fatto, non è più esistente, esigibile o, comunque, riscuotibile deve essere stralciato dal conto del bilancio e inserito nel conto del patrimonio in un’apposita voce dell’attivo patrimoniale fino al compimento del termine prescrizionale (art. 230 del TUEL – Decreto Legislativo n. 267/2000, così come ripreso anche dai Principi contabili), dopodiché deve essere eliminato anche dal conto del patrimonio, con contestuale riduzione del patrimonio.
I giudici, inoltre, hanno rimarcato come la normativa vigente preveda il riaccertamento dei residui (almeno) alla chiusura dell’esercizio in occasione dell’esame del conto consuntivo, in quanto il loro ammontare si ripercuote direttamente sull’avanzo o sul disavanzo di amministrazione. È evidente che detto adempimento, quanto ai residui attivi, deve essere svolto attraverso un documentato riesame della concretezza ed attualità dei crediti sottostanti il titolo (verificandone la certezza e l’esigibilità, anche in punto di prescrizione) ed, analogamente per quelli passivi, prima di disporne la cancellazione, va verificato in concreto che sia venuta meno la causa originaria del debito stesso o la necessità del previsto accantonamento, ovvero ne sia subentrata la remissione, ovvero la prescrizione, o ancora una pronuncia del giudice o, infine, sussista altra valida motivazione.
L’importanza del tema è dimostrata dalla previsione di legge che sottopone tali verifiche anche ad uno specifico controllo da parte dell’organo di revisione, il quale è chiamato ad esprimere una puntuale valutazione circa le ragioni che giustificano il permanere dei residui maggiormente risalenti e la correttezza della procedura adottata.