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Residui attivi risalenti conservati a rendiconto: il warning della Corte dei conti

Al fine di garantire gli equilibri della gestione finanziaria, in presenza di residui risalenti e di dubbia sussistenza occorre attivare per tempo idonee procedure di ricognizione e verifica delle singole posizioni creditorie/debitorie finalizzate al loro progressivo esaurimento poiché il mantenimento di residui attivi eventualmente inesigibili nel conto del bilancio incide sull’attendibilità del risultato contabile di amministrazione e sulla formazione dell’avanzo di amministrazione, che può risultare sussistente solo sotto il profilo contabile (art. 187 del TUEL – Decreto Legislativo n. 267/2000): è quanto rammentato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per l’Emilia Romagna, nella delib. n. 246/2021/PRSE, depositata lo scorso 2 dicembre.

La Corte ha evidenziato l’esigenza di operare una rigorosa ed attenta verifica delle voci classificate nei residui, finalizzata a mantenere in bilancio solo quelle per le quali la riscossione/pagamento possa essere previsto con un ragionevole grado di certezza; infatti, al fine di conferire veridicità ed attendibilità al bilancio dell’Amministrazione locale, il legislatore ha stabilito che al termine di ciascun esercizio, prima dell’inserimento in bilancio dei residui, l’ente debba procedere ad una specifica operazione di riaccertamento tesa a verificare le posizioni creditorie/debitorie.

La permanenza in bilancio e la relativa contabilizzazione di un numero rilevante di residui attivi deve trovare, quindi, un’adeguata dimostrazione, poiché diversamente il mero riferimento ad un’aggregazione apodittica e sintetica è suscettivo di alterare le risultanze finali dei conti consuntivi e, di riflesso, il conto consolidato di tutte le Pubbliche Amministrazioni, con conseguente pregiudizio della tenuta dei saldi di bilancio nonché delle correlate finalità di coordinamento della finanza pubblica.