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È discrezionale la scelta del Comune di agire o resistere in giudizio

La scelta del Comune di agire o resistere in giudizio rientra nel novero delle scelte discrezionali e, come tale, è insindacabile da parte del giudice contabile, a meno che non si ravvisi contrarietà alla legge ovvero si tratti di scelta gravemente illogica, arbitraria, irrazionale, o contraddittoria rispetto al fine da perseguire, secondo il metro di giudizio rappresentato dai principi di legalità e di buona amministrazione contenuti nell’art. 97 Cost.: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. prima giurisdizionale, nella sent. n. 483/2021, depositata lo scorso 25 novembre, riprendendo un noto orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sent. 24 dicembre 2018, n. 33365).

Nel caso specifico, avente ad oggetto una complessa vicenda riguardante la devoluzione di beni da una fondazione all’ente locale, la decisione del Comune di resistere in giudizio era stata determinata dalla presenza di alcuni pareri favorevoli dell’avvocatura provinciale, di un notaio e di un avvocato esterno; dall’esistenza di una precedente decisione di un giudice in merito alla registrazione catastale a favore dell’ente dei beni oggetto di contestazione e dal fatto che la fondazione (controparte dell’ente) non aveva originariamente ottenuto il riconoscimento come tale.

Conseguentemente, sebbene il giudizio si era poi concluso con la soccombenza del Comune, detti elementi, secondo la Corte, sono sufficienti ad escludere la temerarietà della decisione di resistere in giudizio e la conseguente responsabilità, non essendoci, oggettivamente, circostanze deponenti in modo esclusivamente sfavorevole all’ente sull’esito del contenzioso.