Appalti: sul numero minimo di dipendenti richiesto deve rispettarsi il principio della proporzionalità

La richiesta di un numero minimo di dipendenti va valutata, ai sensi dell’art. 83, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016), sotto il profilo della proporzionalità e dell’attinenza all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti: è quanto affermato dall’ANAC nella delibera n. 740 dello scorso 10 novembre.

Ed infatti, come evidenziato anche dalla giurisprudenza (TAR Lombardia, Milano, sez. IV, sent. 13 ottobre 2020, n. 1895), non è rispettosa del principio di proporzionalità, oltre che lesiva dei principi di concorrenza e di massima partecipazione alle gare, la richiesta di un organico minimo di quindici unità, nel caso di un servizio di gestione dell’imposta sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni), ritenuto standardizzato e ripetitivo, per un Comune di limitate dimensioni (nel caso specifico, poco più di cinquemila abitanti).

Parimenti, secondo l’ANAC, è incongruo ed irragionevole richiedere il requisito del numero minimo di venti dipendenti all’operatore interessato alla gara nel caso del servizio di gestione di imposte (IMU, TARI, TASI, acqua) che non implicano particolari condizioni di difficoltà tecnica nell’esecuzione del servizio, in un Comune con poco più di quattromila abitanti.

 

 

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