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Le molteplici conseguenze negative di una scarsa attività di accertamento dei tributi locali

Una gestione discontinua dell’attività di accertamento tributario può danneggiare l’ente impositore, quantomeno per il ritardo con il quale consegue le relative entrate e può compromettere l’esito della riscossione, allontanando temporalmente il momento in cui si determina il presupposto dell’imposta da quello in cui si concretizza l’azione di riscossione non spontanea: è quanto ricordato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per l’Emilia-Romagna, nella delib. n. 233/2021/PRSE, depositata lo scorso 18 novembre.

I giudici hanno anche evidenziato che un’azione discontinua nell’accertamento dei tributi determina la non corretta rappresentazione dei fenomeni contabili, pregiudicando l’obbligo della rendicontazione, il cui scopo principale è la piena accessibilità informativa per il cittadino ai dati della resa del conto, a garanzia del leale e trasparente rapporto dialettico che connota il mandato elettorale ed il correlato giudizio democratico circa l’an, il quando ed il quomodo della gestione delle pubbliche risorse in relazione alle pubbliche finalità (Corte cost., sent. n. 184/2016).

Sul piano generale, risulterebbe censurabile qualsiasi azione od omissione volta a ritardare il recupero dei tributi che, in quanto tali, vincolano a doveri ineludibili di solidarietà (art. 23 della Costituzione) e il cui mancato versamento determinerebbe inammissibili sperequazioni rispetto a chi adempie correttamente, nonché riflessi irrazionali sul piano della sana gestione.

Inoltre, la Corte ha rammentato che, in ossequio al principio generale della indisponibilità dell’obbligazione tributaria riconducibile ai principi di capacità contributiva (art. 53, comma 1, Cost.) ed imparzialità nell’azione della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), espressione entrambi del più generale principio di eguaglianza nell’ambito dei rapporti tributari si giunge alla considerazione che carenze nel recupero dell’evasione tributaria costituiscono un comportamento censurabile, antitetico rispetto ai parametri disegnati dalla Carta costituzionale e ai principi contabili ad essi sottesi. Dall’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, vincolata ed ex lege, si ricava quindi la conclusione circa l’irrinunciabilità della potestà impositiva, con i corollari della non prorogabilità del recupero delle somme a tale titolo dovute e della necessità che l’azione del Comune sia tempestivamente volta ad evitare la prescrizione del credito tributario.