I provvedimenti di razionalizzazione periodica delle partecipate non sono un mero adempimento formale

Sono insufficienti allo scopo i provvedimenti di razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie del Comune che non contengono minimamente un’analisi dei costi di funzionamento per nessuna delle società partecipate che è, invece, presupposto indispensabile per pianificare un eventuale contenimento di tali costi e l’adozione dei conseguenti interventi di razionalizzazione: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per l’Emilia Romagna, nella delib. n. 223/2021/VSGO, depositata lo scorso 26 ottobre.

I giudici contabili hanno anche stigmatizzato l’assenza degli elementi indispensabili per valutare le conclusioni circa la sussistenza o meno del controllo pubblico oppure la qualificazione della partecipata come in house, evidenziando come le delibere si sostanziavano in una mera compilazione delle schede sintetiche del “Portale Tesoro”, senza alcun commento ulteriore e perfino senza una revisione formale (con la conseguenza che nei provvedimenti erano presenti molte note di commento per la compilazione dei moduli, anche quando non pertinenti e ripetitive).

La totale assenza di motivazione, secondo la Corte, riduce i suddetti piani di razionalizzazione ad un adempimento meramente formale e burocratico da cui non emerge alcun elemento utile per desumere l’effettivo svolgimento dell’istruttoria propedeutica all’adozione dell’atto, in contrasto con l’importanza dell’adempimento, espressamente previsto dall’art. 20 del TUSP (Decreto Legislativo n. 175/2016).

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