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Trasferimento del consigliere comunale militare di ruolo: i paletti della giurisprudenza

Come è noto, l’art. 78, comma 6, del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000) prevede espressamente che “Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l’esercizio del mandato”.

Trattasi di disposizione che, come evidenziato dal TAR Molise nella sent. 27 settembre 2021, n. 324, esprime un principio di carattere generale, che, come tale, deve poter trovare applicazione, nei limiti del possibile, anche all’interno dell’ordinamento militare, pena la privazione, nei confronti della relativa categoria di dipendenti pubblici, di un importante presidio a tutela dell’efficace espletamento del mandato elettorale in sede locale (valore anch’esso di rilievo pubblicistico).

Nell’interpretazione della norma di cui si tratta, tuttavia, non si può non tener conto anche delle specificità dell’ordinamento militare, e, in particolare, dell’esigenza tecnico-funzionale dell’Amministrazione di settore di collocare il dipendente appena promosso di grado in una nuova posizione organica adeguata al più alto grado conseguito.

In questa specifica evenienza, quando l’organico della corrente sede di servizio non contempli posizioni compatibili con il nuovo grado ottenuto dal militare, l’applicazione della norma non può essere spinta al punto d’imporre anche qui un’ipotesi di inamovibilità assoluta; tuttavia l’Amministrazione, nel disporre in tal caso il mutamento di sede dell’interessato, deve ritenersi comunque vincolata a tenere in prioritaria considerazione le esigenze di sede del dipendente correlate al più agevole espletamento del suo mandato di amministratore locale, esigenze le quali possono essere sacrificate solo in presenza di circostanze ostative praticamente eccezionali, di cui l’Amministrazione stessa ha l’onere di dare puntuale motivazione.

Nel caso specifico oggetto della sentenza segnalata, un consigliere comunale, ufficiale dell’esercito, era stato trasferito in una sede distante circa 100 chilometri dal Comune ove svolgeva il mandato elettorale, nonostante la disponibilità di una sede lavorativa potenzialmente idonea presso un Comune distante 40 chilometri: ebbene, i giudici hanno ritenuto illegittima la decisione del Comando Militare che disponeva il trasferimento nella sede più lontana motivando attraverso un richiamo del tutto generico ad esigenze pubblicistiche, in una totale vanificazione della tutela accordata dalla disposizione richiamata, la quale, per quanto chiarito, impone invece all’Amministrazione di attribuire rilievo prioritario alle esigenze del consigliere comunale ad avere la sede di servizio in un luogo, se non proprio identico, quantomeno il più possibile prossimo a quello in cui sta svolgendo il proprio mandato.