È fondamentale, ai fini dell’attenuazione del rischio di emersione di futuri squilibri di bilancio, la corretta apposizione di vincoli alle entrate riscosse nonché la relativa osservanza, nella successiva fase di gestione che, fisiologicamente, può investire vari esercizi finanziari: è quanto ricordato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per l’Emilia Romagna, nella delib. n.173/2021/PRSE, depositata lo scorso 27 settembre.
L’esigenza che le risorse vincolate giacenti in cassa non siano distolte dalla loro originaria destinazione (impressa dalla legge o dalla volontà di terzi finanziatori) traspare chiaramente dall’art. 195 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000) che, nell’ammettere deroghe al vincolo di destinazione di tali risorse, pone, tuttavia, vari limiti, quantitativi e procedimentali, nonché, dopo la novella apportata dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), la necessità che i movimenti di utilizzo e di reintegro delle somme vincolate siano oggetto di registrazione contabile secondo le modalità indicate nel principio applicato della contabilità finanziaria (cfr. Sezione delle Autonomie, delib. n. 31/2015/INPR).
A tal fine, l’art. 180, comma 3, lett. d), del TUEL prescrive che l’ordinativo di incasso riporti, fra le altre annotazioni, “gli eventuali vincoli di destinazione delle entrate derivanti da legge, da trasferimenti o da prestiti”; allo stesso modo, il successivo art. 185 impone, al comma 2, lett. i), che anche i mandati di pagamento attestino “il rispetto degli eventuali vincoli di destinazione stabiliti per legge o relativi a trasferimenti o ai prestiti”.