Le spese economali non richiedono necessariamente la fattura
Non è condivisibile l’impostazione della Procura erariale che ritiene non giustificabile una spesa economale per la quale è presente solo uno scontrino e non la relativa fattura: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. per il Molise, nella sent. n. 54/2021, depositata lo scorso 31 agosto.
Secondo i giudici, tenuto conto della natura del servizio di cassa economale, è sufficiente anche un documento fiscalmente idoneo diverso dalla fattura, purché utile a ricostruire compiutamente l’acquisto, quanto al bene acquistato, al soggetto acquirente ed al prezzo pagato.
In ordine all’idoneità fiscale degli scontrini prodotti dall’agente contabile, è utile evidenziare che già in passato, in occasione dell’avvio dell’applicazione del c.d. split payement (art. 1, comma 629, lett. b della L. n. 190/2014) l’Agenzia delle Entrate, con la circ. n. 1/E del 9 febbraio 2015, aveva affermato che le piccole spese dell’Ente pubblico possono, ovviamente al ricorrere delle comuni condizioni di legge, essere “certificate dal fornitore mediante il rilascio della ricevuta fiscale di cui all’art. 8 della legge 10/5/1976, n. 249, o dello scontrino fiscale di cui alla legge 26 gennaio 1983, n. 18, e successive modificazioni (cfr. art. 12, co. 1, della L. n. 413 del 1991)”.
Per quanto ovvio, lo scontrino non può, comunque, essere accettabile laddove, come accaduto nel caso oggetto di verifica da parte dei giudici contabili molisani, sia totalmente illeggibile e, quindi, non analizzabile.