Il Comune ha facoltà di revocare una procedura di gara ma il relativo provvedimento dovrà essere adeguatamente motivato: è quanto evidenziato dal TAR Lombardia, Milano, sez. IV, nella sent. 28 giugno 2021, n. 1582.
In proposito, la giurisprudenza ha sempre riconosciuto l’atto di revoca ex art. 21 quinques della Legge n. 241/1990 quale manifestazione di ampia discrezionalità dell’Amministrazione, chiamata a valutare la permanenza delle ragioni di pubblico interesse che aveva indotto quest’ultima alla sua originaria determinazione.
Ovviamente, il provvedimento di revoca non può assumere un carattere arbitrario o discriminatorio, essendo onere dell’Amministrazione motivare l’esistenza delle ragioni di pubblico interesse idonee a sacrificare la pretesa del privato; peraltro, in difetto di un’aggiudicazione definitiva della concessione, l’obbligo motivazionale dovrà essere assolto considerando che la proposta di aggiudicazione non fa sorgere in capo all’operatore un’aspettativa qualificata alla stipulazione del contratto (in tal senso, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 2358/2020 e TAR Lazio, Latina, sent. n. 164/2020).
Nel caso specifico, in particolare, i giudici hanno ritenuto congruamente motivato il provvedimento di revoca basato su due circostanze oggettive:
- il prezzo offerto dal partecipante era superiore a quello reperibile tramite Consip;
- il bando era stato previsto per un progetto che coinvolgeva due Comuni per i quali era prevista una fusione, poi non verificatasi.
Secondo il TAR, “le valutazioni di cui sopra costituiscono manifestazione della discrezionalità riconosciuta dalla giurisprudenza in capo all’Amministrazione in sede di revoca di procedura di gara non ancora pervenute all’aggiudicazione definitiva e tale potere discrezionale non risulta nel caso di specie essere stato esercitato in maniera arbitraria o illogica, fermo restando che il giudice amministrativo non può certo sostituire la propria valutazione a quella della stazione appaltante”.