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La decorrenza della prescrizione nel caso di occultamento doloso del danno

In materia di responsabilità erariale, nel caso di occultamento doloso del danno che impedisce l’esteriorizzazione e la relativa percepibilità e conoscibilità, la prescrizione decorre “dalla data della sua scoperta” (art. 1, comma 2, della Legge n. 20/1994), il che si configura quando è necessario il dispiegamento di accorte attività finalizzate al disvelamento del fatto dannoso e delle sue conseguenze: è quanto ricordato recentemente dalla Corte dei conti, sez. giurisd. reg. per l’Umbria, nella sent. n. 40/2021, depositata lo scorso 17 maggio.

In sostanza, il doloso occultamento implica un quid pluris, richiedendo, oltre alla produzione del danno, una condotta volutamente ingannatrice e fraudolenta, diretta intenzionalmente ad occultare l’esistenza del danno già cagionato; in tali evenienze, integranti di norma condotte anche penalmente rilevanti, il legislatore ha, pertanto, voluto affermare la regola della decorrenza della prescrizione dalla conoscenza effettiva del danno.

Come chiarito dalla giurisprudenza contabile, l’occultamento doloso “presuppone l’esistenza di un’attività consapevole del titolare del rapporto di servizio diretta ad occultare il fatto generatore del danno erariale ed un elemento obiettivo dato da una situazione che precluda la scoperta del fatto stesso” (così, riprendendo un orientamento consolidato, Corte dei conti, App., sez. III, sent. n. 114/2020).

L’occultamento doloso del danno va, quindi, attentamente differenziato dal mero dolo, inteso quale elemento strutturale dell’illecito contabile: secondo la giurisprudenza, infatti, “tale occultamento non può coincidere, puramente e semplicemente, con la commissione (dolosa) del fatto dannoso in questione, ma richiede un’ulteriore condotta, indirizzata ad impedire la conoscenza del fatto. Occorre, in altri termini, un comportamento che, pur potendo comprendere la causazione stessa del fatto dannoso, deve tuttavia includere atti specificamente volti a prevenire la scoperta di un danno ancora in fieri, oppure a nascondere un danno ormai prodotto” (Corte dei conti, App.,sez. II, sent. n. 314/2020;sez. I, sent. n. 432/2017;sez. III, sent. n. 474/2006).