Per il mantenimento dei residui attivi in sede di riaccertamento, è necessario un rigoroso monitoraggio finalizzato alla verifica delle ragioni di mantenimento degli stessi: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per la Lombardia, nella delib. n. 60/2021/PRSE, depositata lo scorso 14 aprile.
Nell’occasione i giudici hanno anche evidenziato che il permanere di consistenti residui attivi e conseguenza di una scarsa capacità di riscossione, invitando al contempo l’ente a porre in essere tutte le misure necessarie per incrementare quest’ultima.
In particolare, è stato sottolineato che, sebbene il punto 9.1. del principio 4.2. allegato al d.lgs. 118/2011 non imponga automaticamente la cancellazione dei residui attivi trascorsi tre anni dalla scadenza del credito non riscosso, tuttavia, il mantenimento di quelli più risalenti, anche oltre il termine ordinario di prescrizione, costituisce un’evenienza eccezionale, che deve essere oggetto di adeguata ponderazione da parte dell’ente.
Come già evidenziato dalla medesima Corte, “l’ente non può limitarsi a verificare che continui a sussistere il titolo giuridico del credito, l’esistenza del debitore e la quantificazione del credito, ma deve anche verificare l’effettiva riscuotibilità dello stesso e le ragioni per le quali non è stato riscosso in precedenza; cosicché ove risulti che il credito, di fatto, non è più esistente, esigibile o riscuotibile entro termini ragionevoli, esso deve essere stralciato dal conto dei residui e inserito nel conto del patrimonio in un’apposita voce dell’attivo patrimoniale fino al compimento del termine prescrizionale (art. 230 del Testo unico sugli enti locali, così come ripreso anche dal punto n. 55 del principio contabile n. 3), al termine del quale deve essere eliminato anche da tale conto, con contestuale riduzione del patrimonio” (sez. Lombardia, delib. n. 11/2015/PRSE).