L’importanza della dichiarazione di adeguatezza del FCDE
La dichiarazione di adeguatezza del FCDE assume una specifica rilevanza giuridica e sostanziale e deve essere attribuita alla competenza dei singoli responsabili della gestione delle entrate di dubbia e difficile esazione, alla correlata competenza di coordinamento e vigilanza del responsabile del servizio economico-finanziario dell’ente e alla necessaria verifica dell’organo di revisione: è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per l’Emilia Romagna, nella delib. n. 46/2021/PRSE, depositata lo scorso 8 aprile, sulla scia di quanto affermato dalla Sezione delle Autonomie nella delib. n. 32/SEZAUT/2015/INPR.
Tale principio discende direttamente dalla natura del FCDE che, come è noto, ha la funzione di precludere l’impiego di risorse di incerta acquisizione ed è un fondo rettificativo, in diminuzione di una posta di entrata, finalizzato a correggere il valore nominale dei crediti dell’ente in relazione alla parte di essi che si prevede di non incassare in corso di esercizio (Corte Cost., sent. n. 279/2016), proprio al fine di evitare un risultato di amministrazione negativo a seguito delle eventuali minusvalenze derivanti dalla riscossione dei crediti soltanto parziale.
Atteso il ruolo strategico del FCDE nell’ambito del principio di competenza finanziaria rafforzata – è essenziale che lo stesso abbia un’applicazione estesa, limitando quanto più possibile le tipologie di entrate escluse dal calcolo dello stesso: nella contabilità armonizzata, infatti, il FCDE serve a garantire che gli accertamenti di entrate per le quali non vi è certezza in merito alla integrale riscuotibilità siano parzialmente sterilizzati al fine di evitare un incremento non sostenibile dei margini di spese, con ciò preservando l’equilibrio di bilancio e la sana e prudente gestione (cfr. Corte conti, Sez. Reg. contr. Abruzzo, delib. n. 119/2018, e Sez. Reg. contr. Emilia-Romagna, delib. n. 23/2020/PRSE).
Si tratta quindi “di una regola che invera l’applicazione del principio di prudenza nella stima delle risorse disponibili; come semanticamente specificato, il fondo rende inerte, cioè inutilizzabile, una quota delle risorse risultanti da parte entrata, in misura proporzionale all’andamento della riscossione che ha caratterizzato l’ente locale negli esercizi precedenti. Ove non venga applicata tale tipologia di svalutazione dei crediti, viene consentita […] l’iscrizione in bilancio di entrate stimate in modo da non tener conto dell’effettiva capacità di riscossione dei crediti. L’istituto del fondo crediti di dubbia esigibilità costituisce, a ben vedere, una necessaria integrazione legale al “principio della previa dimostrazione analitica dei crediti e delle somme da riscuotere, iscrivibili nelle partite dei residui attivi e computabili ai fini del risultato di amministrazione, connotato dalla stretta inerenza ai concetti di certezza e attendibilità che devono caratterizzare le risultanze della gestione economica e finanziaria” (Corte cost., sent. n. 138 del 2013)” (Corte cost., sent. n.4/2020).