Debito fuori bilancio e azione per indebito arricchimento: le indicazioni della Cassazione

Nel caso di debito fuori bilancio per violazione delle norme in materia di spesa (ex art. 194, comma 1, lett. e) del TUEL – Decreto Legislativo n. 267/2000), il contraente privato fornitore non è legittimato a proporre l’azione diretta di indebito arricchimento (ex art. 2041 c.c.) verso il Comune, in quanto il rimedio ordinario previsto è l’azione verso l’amministratore, il funzionario o il dipendente che hanno consentito la fornitura: è il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nella sent. 2 marzo 2021, n. 5665, giustificato dalla circostanza che l’indebito arricchimento non è esperibile per carenza del requisito della sussidiarietà dell’azione.

In altri termini, poiché sono chiamati a rispondere i soggetti indicati (la cui responsabilità, peraltro, è chiaramente indicata nell’art. 191, comma 4, del TUEL), l’azione di ingiustificato arricchimento non trova spazio.

La proposizione di tale azione può condurre a un risultato integralmente o parzialmente satisfattivo del privato fornitore e, in ogni caso, espone l’amministratore, il funzionario o il dipendente a un depauperamento patrimoniale, che si correla ad un arricchimento ingiustificato dell’amministrazione pubblica per avere comunque beneficiato di una prestazione patrimoniale senza corrispettivo.

Tuttavia, evidenzia la Corte, il fornitore può eventualmente esercitare detta azione in via surrogatoria (ex art. 2900 c.c.) se l’amministratore, il funzionario o il dipendente sono debitori del Comune, “per assicurare che siano soddisfatte o conservate le proprie ragioni quando il patrimonio di quest’ultimo non offra adeguate garanzie; in tal caso, il contraente privato ha l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, in correlazione al depauperamento dell’amministratore, senza che l’ente possa opporre il mancato riconoscimento dell’utilitas, salva la possibilità per l’ente stesso di dimostrare che l’arricchimento sia stato non voluto, non consapevole o imposto”.

L’esito di tale giudizio, in caso di accoglimento della domanda, potrà essere anche di condanna diretta dell’amministrazione pubblica a favore del creditore agente in surrogazione, potendo l’azione proposta svolgere anche una funzione esecutiva (o «satisfattiva») qualora tenda al soddisfacimento di un credito in denaro che, se dal terzo (ente pubblico) fosse pagato al debitore, sarebbe da questi agevolmente sottratto all’esecuzione, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito.

 

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