Rimborso comunale dovuto alla farmacia del consigliere: niente incompatibilità
Il consigliere comunale titolare di una farmacia alla quale il Comune corrisponde il rimborso dei farmaci del prontuario farmaceutico estero non è incompatibile se non vi sono gli estremi di un rapporto di vigilanza tra il Comune e la farmacia in questione né si ravvisano i caratteri della facoltatività nella erogazione dei rimborsi dei medicinali di detto prontuario: è quanto affermato dal Ministero dell’Interno in un recente parere del 18 marzo 2021 (link: https://dait.interno.gov.it/pareri/98844).
Nel caso specifico era accaduto che, sulla base di una intesa sottoscritta tra il Comune, la ASL della Provincia e Regione, veniva stabilito che i costi riguardanti la fornitura dei medicinali del prontuario farmaceutico svizzero erano sostenuti dal Comune, sulla base di una norma statale (art. 7-bis della Legge 31 marzo 2005, n. 43) che riconosce un contributo economico per sostenere i costi dell’assistenza sanitaria eccedenti la disponibilità del SSR; beneficiaria di detti rimborsi era proprio la farmacia il cui titolare ricopriva il ruolo di consigliere comunale.
Secondo gli esperti del Ministero, in detto contesto fattuale, non può riscontrarsi la causa di incompatibilità di cui all’art. 63, comma 1, punto 1, del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000), secondo cui “Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale: 1) l’amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell’anno il dieci per cento del totale delle entrate dell’ente”; ciò in quanto, nel caso di specie, non si ravvisano né gli estremi di un rapporto di vigilanza tra il Comune e la farmacia in questione né i caratteri della facoltatività nella erogazione dei rimborsi dei medicinali del prontuario farmaceutico estero, essendo tali rimborsi dovuti in forza di un accordo attuativo delle disposizioni di cui all’art. 7-bis della Legge n. 43/2005.
Il parere del Ministero ci offre l’occasione per ricordare alcuni aspetti relativi alle cause di incompatibilità del consigliere comunale ex art. 63 del TUEL.
In generale, dette cause sono ascrivibili al novero delle c.d. incompatibilità d’interessi, in quanto hanno la finalità di impedire che possano concorrere all’esercizio delle funzioni di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli dell’istituzione locale o i quali si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità (cfr. Corte Costituzionale, sent. 20 febbraio 1997, n. 44; sent. 24 giugno 2003, n. 220).
In particolare, l’ipotesi prevista dal comma 1, n. 1), del menzionato articolo 63, è ravvisabile in presenza di un duplice presupposto: il primo di natura soggettiva ed il secondo di natura oggettiva.
Sotto il profilo soggettivo, è necessario che l’interessato rivesta la qualità di “amministratore” ovvero di “dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento”. Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che, con il termine “amministratore” il legislatore ha inteso alludere a tutti i componenti l’organo collegiale cui è affidata l’amministrazione di un ente, muniti o meno di poteri di rappresentanza (cfr. in tal senso, Cass., sez. I civ., sent. 25 giugno 1987, n. 5594).
Dal punto di vista oggettivo, l’amministratore locale deve rivestire una delle citate qualità nell’ambito di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20% di partecipazione da parte del Comune o che dallo stesso riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell’anno il dieci per cento del totale delle entrate dell’ente.
Per ciò che concerne, in particolare, le sovvenzioni, secondo la norma in commento, non devono trovare origine in un obbligo stabilito dalla legge, devono avere il carattere della continuatività e devono essere caratterizzate da un’apprezzabile consistenza quantitativa, oggettivamente rapportata all’entità complessiva delle entrate annuali dell’ente sovvenzionato (cfr. Cass., sez. I civ., sent. 27 giugno 1986, n. 4260). Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che “un ente deve ritenersi sovvenzionato dal comune ogni qualvolta riceva da questo, direttamente o indirettamente, erogazioni spontanee continuative di denaro o di altra utilità, realizzate anche mediante sgravi di bilancio ed accollo di spese” (cfr. Cass., sez. I civ., sent. 21 settembre 1981, n. 5159).
Va inoltre ricordato che secondo il costante insegnamento del Supremo Giudice delle Leggi, il diritto di elettorato passivo, quale diritto politico fondamentale, intangibile nel suo contenuto di valore ed annoverabile tra i diritti inviolabili riconosciuti e garantiti dall’articolo 2 della nostra Carta Costituzionale, può essere unicamente disciplinato dalla legge e può essere limitato soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali parimenti fondamentali e generali; pertanto, essendo le disposizioni normative in materia di ineleggibilità e di incompatibilità di stretta interpretazione ed applicazione, le stesse non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva (v. Corte Cost., sent. n. 44/1997; Cass. civ., sez. I, sent. n. 28504/2011).
La Consulta ha, altresì, rimarcato che “è proprio il princìpio di cui all’art. 51 della Costituzione a svolgere il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilità (ex art. 2 della Costituzione). Pertanto, le restrizioni del contenuto di tale diritto sono ammissibili solo in presenza di situazioni peculiari ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale” (Corte Cost., sent. n. 25/2008; v. anche Corte Cost., sent. n. 288/2007).