Attività lavorativa extra del dipendente pubblico: l’autorizzazione deve essere preventiva

Il dipendente pubblico che intende svolgere attività lavorativa extraistituzionale deve richiedere preventivamente l’autorizzazione al proprio ente di appartenenza: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. prima giurisdizionale centrale d’appello, nella sent. n. 91/2021, depositata lo scorso 22 marzo.

I giudici hanno ricordato che l’art. 53, commi 7 e 7-bis, del Testo Unico del pubblico impiego (Decreto Legislativo n. 165/2001), pone a carico dei dipendenti pubblici che intendono svolgere attività extraistituzionali un preciso obbligo di informativa nei confronti dell’amministrazione di appartenenza, chiamata a verificare l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi; tale obbligo è “espressione anche dei generali obblighi di correttezza e buona fede di cui all’art. 1175 e 1375 cod. civ., [e] costituisce un preciso dovere di servizio”.

In caso di mancata comunicazione dello svolgimento di incarichi extra istituzionali, soggetti a preventiva autorizzazione, l’occultamento doloso può, dunque, consistere in un comportamento semplicemente omissivo del dipendente, che tralascia di compiere un atto dovuto, prescritto per legge.

Secondo i giudici, inoltre, è irrilevante che lo svolgimento di detta attività extralavorativa sia conosciuto di fatto da alcuni funzionari dell’ente di appartenenza: l’autorizzazione, infatti, deve essere espressa e conseguente alla comunicazione dell’interessato.

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