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Rimborso spese legali al dipendente solo senza conflitto di interessi

Per poter procedere al rimborso delle spese legali non è sufficiente una semplice pronuncia assolutoria, dovendosi escludere l’esistenza di qualunque automatismo financo nel caso di assoluzione con formula piena, essendo necessaria l’assenza di un conflitto di interessi con l’ente di appartenenza: è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. prima giurisdizionale centrale di appello, nella sent. n. 72/2021, depositata lo scorso 12 marzo.

Tale principio era stato già evidenziato dalla Corte di Cassazione in passato (sez. I, sent 13 dicembre 2000, n. 15724), secondo cui “Il fatto che l’attore sia stato assolto […] “perché il fatto non sussiste” non esime questo giudicante dal valutare in concreto i fatti che dettero luogo al procedimento penale allo scopo proprio di rilevare l’esistenza o meno di conflitto di interessi”, con la conseguenza che, in presenza di detto conflitto, il rimborso non potrà essere riconosciuto.

Da tali aspetti è dato ricavare che il provvedimento di ristoro delle spese legali deve necessariamente fondarsi su solidi aspetti che pongano in evidenza:

  • la diretta connessione del reato ascritto e l’assolvimento dei compiti d’ufficio;
  • la carenza di conflitto di interessi fra l’Ente e l’attività compiuta dal funzionario e/o l’amministratore incriminato;
  • la totale assenza di responsabilità non solo penale del presunto responsabile.

Nell’occasione, inoltre, la Corte dei conti ha ricordato che l’eventuale diniego del Comune di esprimere il proprio consenso alla scelta del legale a cui affidare la difesa del dipendente, formulato inizialmente sulla base della supposta esistenza di un conflitto di interessi, non osta al rimborso qualora sussistano i presupposti sostanziali per poter procedere in tal senso.