Segnaliamo ai lettori la recente risposta ad interpello n. 147 del 3 marzo 2021, nella quale gli esperti dell’Agenzia delle Entrate si sono soffermati sulla disciplina IVA dei buoni-corrispettivo.
L’art. 6-bis del DPR n. 633/1972 stabilisce che “per buono-corrispettivo si intende uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che indica, sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative”.
L’art. 6-ter stabilisce che il buono corrispettivo si considera “monouso” se al momento della sua emissione è nota la disciplina applicabile ai fini IVA alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono corrispettivo dà diritto.
Al riguardo, la Relazione Illustrativa al decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 141 (“Attuazione della direttiva (UE) 2016/1065 del Consiglio, del 27 giugno 2016, recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il trattamento dei buoni-corrispettivo”) precisa che, nel caso di buono-corrispettivo monouso, al momento dell’emissione, devono essere noti “tutti gli elementi richiesti ai fini della documentazione dell’operazione (natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione)”.
Con riferimento, invece, al cd. buono “multiuso”, l’art. 6-quater stabilisce che il buono si considera tale “se al momento della sua emissione non è nota la disciplina applicabile ai fini IVA alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono corrispettivo dà diritto”.
In proposito, la citata Relazione Illustrativa precisa che la distinzione tra le due tipologie di buoni-corrispettivo “si fonda sulla disponibilità delle informazioni necessarie per la tassazione già al momento dell’emissione del buono-corrispettivo o al momento del riscatto qualora l’utilizzo finale sia lasciato alla scelta del consumatore“.
Atteso ciò, in base al combinato disposto di cui ai commi 2 e 3 del predetto art.6-quater, ne consegue che: “ogni trasferimento di un buono-corrispettivo multiuso precedente alla accettazione dello stesso come corrispettivo o parziale corrispettivo della cessione dei beni o della prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto non costituisce effettuazione di detta cessione o prestazione” e che “la cessione di beni o la prestazione di servizi a cui il buono-corrispettivo multiuso dà diritto si considera effettuata al verificarsi degli eventi di cui all’articolo 6 assumendo come pagamento l’accettazione del buono-corrispettivo come corrispettivo o parziale corrispettivo di detti beni o servizi”. In altri termini, dalla qualificazione del buono come multiuso discende che l’operazione diventa rilevante e la relativa imposta sul valore aggiunto esigibile, non quando il buono-corrispettivo viene emesso, bensì quando lo stesso viene utilizzato dal possessore – presso i punti vendita indicati – per l’acquisto dei beni.