L’errata distribuzione delle buste con l’offerta non comporta necessariamente l’esclusione
Il formalismo che caratterizza le procedure ad evidenza pubblica è ammissibile e anzi necessario nei limiti in cui favorisce la speditezza e l’ordinato svolgimento delle operazioni di gara, ma non può mai condurre all’esclusione di un concorrente per un semplice errore nella distribuzione delle buste che compongono l’offerta, dovendo in tal caso prevalere il principio della massima partecipazione e potendosi consentire, quindi, un provvedimento di esclusione solo qualora l’inesatta composizione delle buste determini l’incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta o il difetto di un elemento essenziale di questa: è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. III, nella sent. 2 marzo 2021, n. 1773.
Nel caso specifico era accaduto che uno dei concorrenti aveva inserito l’offerta economica relativa ad uno dei due prodotti oggetto della fornitura nella busta dell’altro.
Secondo i giudici, nel caso specifico si è avuto, sul piano fattuale, un mero scambio documentale, frutto di un errore materiale da parte dell’offerente e immediatamente verificabile e verificato dalla Commissione, che avrebbe potuto provvedere alla rettifica senza con ciò alterare in nessun modo il contenuto sostanziale delle offerte, ma anzi ripristinando la dovuta corrispondenza tra la busta e il suo contenuto.
Un simile intervento mai sarebbe stato lesivo della par condicio dei concorrenti perché qualsiasi concorrente, che avesse commesso un simile errore nello scambio di buste, avrebbe invocato il medesimo semplice, lineare, immediato intervento di rettifica in proprio favore per ripristinare la corrispondenza tra il contenuto dell’offerta e l’involucro contenente, senza che tale attività potesse generare alcun dubbio sul contenuto dell’offerta in rapporto all’uno o all’altro lotto.
Già in precedenza il Consiglio di Stato ha chiarito che l’errore materiale direttamente emendabile è quello percepibile ictu oculi, dal contesto stesso dell’atto, senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente ricostruibile da chiunque (sez. VI, sent. 2 marzo 2017, n. 978).
La rettifica di eventuali errori è considerata ammissibile a condizione che si tratti di correzione di errore materiale, necessariamente riconoscibile, e che non si sostanzi in operazioni manipolative e di adattamento dell’offerta, risultando altrimenti violati la par condicio, l’affidamento nelle regole di gara e le esigenze di trasparenza e certezza, con conseguente necessità di prevenire possibili controversie sull’effettiva volontà dell’offerente (v., ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, sent. 20 marzo 2020, n. 1998, sez. VI, sent. 13 febbraio 2013, n. 889; sez. III, sent. 22 agosto 2012, n. 4592).
L’errore materiale, infatti, consiste in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione dell’offerta che deve emergere ictu oculi.