Riconoscibile in sede di conguaglio la detrazione del 30% sulle erogazioni liberali anti COVID-19
Il datore di lavoro, nella qualità di sostituto d’imposta, può riconoscere, in sede di conguaglio, la detrazione del 30%, prevista dall’art. 66 del decreto Cura Italia (DL n. 18 del 2020), sull’importo trattenuto ai dipendenti a titolo di erogazione liberale a sostegno delle misure per contrastare l’emergenza epidemiologica causata dal COVID-19: è quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 138 del 3 marzo 2021.
Come è noto, il citato art. 66 prevede incentivi fiscali per le erogazioni liberali in denaro e in natura a sostegno delle misure di contrasto dell’emergenza epidemiologica causata dal COVID-19; in particolare, il comma 1 stabilisce che “Per le erogazioni liberali in denaro e in natura, effettuate nell’anno 2020 dalle persone fisiche e dagli enti non commerciali, in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, finalizzate a finanziare gli interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 spetta una detrazione dall’imposta lorda ai fini dell’imposta sul reddito pari al 30%, per un importo non superiore a 30.000 euro”.
Nella fattispecie sottoposta all’attenzione dell’Agenzia, il datore di lavoro (ente pubblico), destinatario delle erogazioni liberali, aveva promosso due campagne di raccolta fondi fra il personale dipendente, docente e tecnico amministrativo: una finalizzata a sostenere la ricerca per contrastare il COVID-19 e l’altra a sostenere l’accesso e la prosecuzione allo studio in favore di tutti gli studenti e delle relative famiglie in difficoltà economica a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
In entrambe le ipotesi, le erogazioni liberali dei dipendenti, parametrate a una o più ore della retribuzione, erano state effettuate autorizzando il datore di lavoro a operare le relative trattenute sullo stipendio; dette erogazioni venivano evidenziate nel cedolino della retribuzione mensile del dipendente.
In relazione alle suddette campagne di raccolta fondi, l’Agenzia ha fatto presente quanto segue.
L’art. 23, comma 3, del d.P.R. n. 600/1973, stabilisce che “I soggetti indicati nel comma 1 devono effettuare, entro il28 febbraio dell’anno successivo e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla data di cessazione, il conguaglio tra le ritenute operate sulle somme e i valori di cui alle lettere a) e b) del comma 2, e l’imposta dovuta sull’ammontare complessivo degli emolumenti stessi, tenendo conto delle detrazioni eventualmente spettanti a norma degli articoli 12 e 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e delle detrazioni eventualmente spettanti a norma dell’articolo 15 dello stesso testo unico, e successive modificazioni, per oneri a fronte dei quali il datore di lavoro ha effettuato trattenute, nonché, limitatamente agli oneri di cui al comma 1, lettere c) e f), dello stesso articolo, per erogazioni in conformità a contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali”.
Tale disposizione, in altri termini, prevede la possibilità per il datore di lavoro-sostituto di imposta di riconoscere direttamente, in sede di conguaglio, le detrazioni eventualmente spettanti al dipendente-sostituito a fronte di oneri da quest’ultimo sostenuti per il tramite del datore di lavoro e, cioè, mediante una trattenuta sugli emolumenti erogati in relazione alla prestazione lavorativa.
La suddetta possibilità è espressamente prevista dal riportato comma 3 dell’art. 23 solo in relazione alle detrazioni spettanti a norma degli articoli 12 e 13, nonché 15, del TUIR (DPR n. 917/1986) e risponde alla esigenza di semplificare in capo al dipendente-sostituito, per gli oneri sostenuti per il tramite del datore di lavoro-sostituto d’imposta, gli adempimenti connessi alla presentazione della dichiarazione dei redditi.
Nel caso in esame, la detrazione per le erogazioni liberali a sostegno delle misure di contrasto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 è prevista dalla speciale disposizione di cui all’art. 66 del c.d. decreto Cura Italia, la quale non contiene alcun riferimento all’art. 23, comma 3, del DPR n. 600/1973, né prevede la possibilità per il datore di lavoro-sostituto d’imposta, in caso di erogazioni liberali effettuate per il tramite di quest’ultimo, di riconoscere la detrazione al dipendente in sede di conguaglio.
In particolare, anche nel caso in esame i dipendenti effettuano le erogazioni in denaro sostenendo l’onere per il tramite del datore di lavoro, allo stesso tempo collettore e destinatario delle erogazioni medesime.
Il datore di lavoro, pertanto, una volta che i propri dipendenti hanno manifestato la volontà di donare, opera la trattenuta direttamente sullo stipendio del lavoratore e, nell’ambito degli ordinari poteri connessi all’erogazione degli emolumenti dovuti per la prestazione lavorativa, si propone di riconoscere la detrazione spettante sulle predette liberalità in sede di conguaglio, semplificando gli adempimenti a carico dei dipendenti e assicurando la tracciabilità del versamento, la riferibilità dell’erogazione al dipendente e la finalità di quest’ultima, come innanzi evidenziato.
Ne consegue che, ravvisando nel caso di specie la particolare finalità di semplificazione degli adempimenti che è sottesa alla previsione normativa di cui al comma 3 dell’art. 23 del DPR n. 600/1973, unitamente al rispetto delle modalità di effettuazione e documentazione dell’onere, deve riconoscersi in sede di conguaglio, la detrazione del 30%, prevista per le erogazioni liberali dall’art. 66 del decreto Cura Italia.