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La giustificabilità delle spese di ospitalità secondo la Corte dei conti

Le spese di ospitalità, al pari di quelle di rappresentanza, possano essere giustificate solo se collegate all’esigenza dell’ente di manifestarsi all’esterno intrattenendo pubbliche relazioni con soggetti ad esso estranei, dotati di adeguata qualificazione, in circostanze di tempo e di modo che devono presentare il carattere della eccezionalità, dell’ufficialità e la rappresentatività di entrambi i soggetti del rapporto: è quanto precisato dalla Corte dei conti, sez. giurisdiz. per la Calabria, nella sent. n. 26/2021, depositata lo scorso 13 gennaio 2021.

Nel caso specifico, in particolare, i giudici non hanno riconosciuto la giustificazione delle spese sostenute dall’economo in assenza dei dati relativi agli ospiti e alla loro qualifica per i quali erano state disposte delle spese di vitto, non ritenendo sufficiente né la delibera di Giunta di approvazione del programma delle manifestazioni né la locandina dell’evento né i buoni di spesa recanti genericamente il riferimento a spese di ospitalità.

Secondo i giudici, di conseguenza, restano escluse quelle spese (pranzi di lavoro, rinfreschi etc.) effettuate a vantaggio di soggetti appartenenti alla stessa Amministrazione, quali gli amministratori e i dipendenti, nonché quelle erogate a favore di soggetti che non siano rappresentativi degli organismi di appartenenza o che, ancorché esterni all’ente stesso, si incontrano per adempiere alla loro attività istituzionale, ben potendo quest’ultima svolgersi al di fuori di incontri conviviali (in tal senso, cfr, ex pluribus, Corte dei conti, sez. I centrale, sent. 15 gennaio 1991, n. 8; sent. 27 settembre 2011, n. 417; sez. II centrale, sent. 27 maggio 1999, n. 162).