Approvazione e modifica dello Statuto comunale: il Sindaco si computa nel quorum necessario

Il Sindaco deve essere computato nella determinazione del numero di voti necessario per l’approvazione dello statuto e delle modifiche statutarie: è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. I, nell’Adunanza di sezione del 27 gennaio 2021, con il parere n. 129/2021.

Come è noto, il comma 4 dell’art. 6 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000) prevede che “Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie”.

Secondo i giudici di Palazzo Spada, è un dato di fatto che il TUEL, quando ha voluto escludere il sindaco dal computo dal quorum, lo ha espressamente detto: così accade, ad esempio, nell’art. 38, comma 2, secondo periodo, dove la norma, pur parlando di “almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all’ente”, ritiene poi di esplicitare comunque “senza computare a tale fine il sindaco”; alla stessa stregua, l’art. 52 (Mozione di sfiducia), nel comma 2, secondo periodo, prevede che “La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il sindaco . . . ”, e l’art. 141 (Scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali), contempla, nel comma 1, lettera b), numero 3), la “cessazione dalla carica per dimissioni contestuali . . . della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia”.

La soluzione aderente alla lettera della norma risulta, ad avviso della Sezione, più semplice e lineare e maggiormente rispettosa delle prerogative del Sindaco, in quanto egli è anche consigliere comunale.

In base al principio per cui ubi lex voluit, dixit, ubi noluit, tacuit, occorre attenersi rigorosamente alla lettera della legge (e degli statuti e dei regolamenti comunali, tenendo conto anche dell’autonomia costituzionalmente riconosciuta dall’art. 114 Cost.).

Se in alcuni articoli del TUEL è specificato che il Sindaco non va computato tra i consiglieri assegnati, è da concludere che, negli altri casi, il TUEL presupponga che tra i consiglieri assegnati sia da comprendere il sindaco: in sintesi, perciò, il silenzio della legge significa che nel calcolo del quorum deve essere computato anche il sindaco.

 

 

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