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Illegittima l’esclusione dal concorso comunale per temperatura corporea elevata

È illegittima l’esclusione del partecipante dalle prove per l’espletamento di un concorso pubblico comunale a causa della rilevazione di una temperatura corporea superiore ai 37,5 gradi: è quanto affermato dal TAR Friuli Venezia Giulia, sez. I, nella sent. 1° dicembre 2020, n. 415.

Al riguardo, secondo i giudici, nonostante le cautele imposte dalla straordinarietà dell’emergenza pandemica in atto, non può essere impedito il diritto a partecipare ad una selezione in quanto funzionale alla soddisfazione del diritto al lavoro che, peraltro, come nel caso sottoposto all’attenzione dei Giudici, è stato decretato sulla scorta dell’esito dell’estemporanea misurazione della temperatura corporea effettuata da personale non sanitario, privo di specifica formazione.

È noto, infatti, come “il principio di proporzionalità, di derivazione europea, impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato. Alla luce di tale principio, nel caso in cui l’azione amministrativa coinvolga interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile: in questo senso, il principio in esame rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi. Date tali premesse, la proporzionalità non deve essere considerata come un canone rigido ed immodificabile, ma si configura quale regola che implica la flessibilità dell’azione amministrativa ed, in ultima analisi, la rispondenza della stessa alla razionalità ed alla legalità. In definitiva, il principio di proporzionalità va inteso <nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equità e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale> (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2015 n. 284)” (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 26 febbraio 2015, n. 964).

Nel caso di specie, il concorrente è stato definitivamente privato della chance di ottenere un lavoro confacente alla propria formazione e preparazione a causa di una grave sproporzione che ha portato alla decisione assunta, ovvero il sacrificio del suo diritto al lavoro, tra l’altro sulla scorta del solo esito della misurazione della temperatura corporea, non assistito da idonee garanzie di certezza, correttezza e definitività, che non trova giustificazione nel fine di massima precauzione perseguito per esigenze di tutela della salute collettiva (art. 32 Cost.) e sui luoghi di lavoro (art. 2087 cod. civ.).

I giudici, infine, hanno stigmatizzato il comportamento del Comune che, in considerazione dell’assoluta prevedibilità di una situazione come quella di fatto verificatasi e per elementari esigenze di favor partecipationis, avrebbe potuto e dovuto prevedere, sin da subito, la data di una prova suppletiva, apprestando tutte le cautele e misure idonee per garantire lo svolgimento dell’intera procedura selettiva in rigoroso rispetto delle esigenze di imparzialità, trasparenza e par condicio, atteso che la modalità di svolgimento della prova scritta prevista dall’avviso di selezione (quiz a risposta multipla) è tale di per sé da assicurare la salvaguardia delle dette esigenze, a condizione, ovviamente, che i test somministrati e le schede con le risposte corrette non vengano diffusi e/o altrimenti resi noti a terzi dall’Amministrazione nelle more dello svolgimento della procedura di selezione e sino alla sua avvenuta conclusione.

in definitiva, una situazione straordinaria, quale è l’emergenza pandemica in atto, avrebbe richiesto una risposta altrettanto straordinariamente illuminata da parte dell’Amministrazione e non la mera, banale e irreversibile penalizzazione dei candidati, sospettati, loro malgrado, di essere ipoteticamente affetti da Covid 19 e per tale solo motivo esclusi definitivamente dalla procedura, atteso che ”…da chi esercita una funzione amministrativa, costituzionalmente sottoposta ai principi di imparzialità e di buon andamento (art. 97 Cost.), il cittadino si aspetta uno sforzo maggiore, in termini di correttezza, lealtà, protezione e tutela dell’affidamento, rispetto a quello che si attenderebbe dal quisque de populo” ( Consiglio di Stato, A.P., sent. n.5/2018).