Decreto Semplificazioni: l’esclusione delle offerte anomale è automatica

L’art. 1 del Decreto Semplificazioni (DL n. 76/2020), oltre ad aver previsto, al comma 2 lett. b), l’applicazione della procedura negoziata senza bando, e previa consultazione di almeno cinque operatori, per i servizi e forniture sino alla soglia comunitaria, al comma 3 ha precisato che, in tali ipotesi, “le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, procedono, a loro scelta, all’aggiudicazione dei relativi appalti, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ovvero al prezzo più basso. Nel caso di aggiudicazione al prezzo più basso, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 97, commi 2, 2bis e 2ter del decreto legislativo n. 50 del 2016, anche qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque”.

Il comma 1 del medesimo art. 1 stabilisce, inoltre, che i successivi commi 2 e 3 appena menzionati trovano applicazione, al fine di incentivare gli investimenti pubblici ed in deroga al vigente codice dei contratti, qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 dicembre 2021.

Il legislatore, assumendo che l’efficacia della spesa pubblica – declinata in questo caso in termini di maggiore rapidità della sua erogazione – possa rappresentare, in una congiuntura di particolare crisi economica, una forma di volano dell’economia, ha introdotto una disciplina emergenziale, temporanea e derogatoria del codice dei contratti, con scadenza al 31.12.2021, la quale privilegia forme di gara più snelle e modalità di gestione “meccanica” di alcuni passaggi (quali, nel caso che interessa, il giudizio di anomalia condotto con esclusione automatica delle offerte anomale).

Con la recente sent. 14 novembre 2020, n. 720, il TAR Basilicata, sez. I, ha affermato che la formulazione della norma “non lascia spazio ad apprezzamenti di sorta rispetto al netto significato testuale, nel senso della doverosità dell’esclusione al ricorrere del presupposto ivi individuato, senza che residuino margini di discrezionalità in capo alla stazione appaltante”.

I giudici hanno precisato che debba essere privilegiata il criterio ermeneutico letterale; il primato dell’interpretazione letterale è, infatti, costantemente ribadito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui all’intenzione del legislatore, secondo un’interpretazione logica, può darsi rilievo nell’ipotesi che tale significato non sia già tanto chiaro ed univoco da rifiutare una diversa e contraria interpretazione. In effetti, posto che al testo normativo non può essere attribuito “altro senso se non quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse», nel caso in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, merce l’esame complessivo del testo, della mens legis, specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma, così come inequivocabilmente espressa dal legislatore; soltanto qualora la lettera della norma medesima risulti ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al predetto criterio ermeneutico sussidiario), l’elemento letterale e l’intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico, cosicché il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all’equivocità del testo da interpretare” (ex multis, Cassazione, sez. lavoro, sent. 26 gennaio 2012, n. 1111).

D’altro canto, alcun elemento volto a un approdo di segno differente è offerto dalle relazioni illustrative al decreto-legge in questioni, ove anzi si afferma la natura temporanea e derogatoria della disposizione in commento, così derivandone un ulteriore argomento nel senso dell’interpretazione testuale, sia in ragione degli attributi testé richiamati, sia al fine di valorizzarne la portata innovativa nella sua pienezza.

 

 

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