La registrazione della seduta del Consiglio Comunale effettuata senza l’autorizzazione prevista dallo Statuto configura gli estremi del reato di cui all’art. 340 c.p., rubricato Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità: è quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sez. VI penale, nella sent. 28950/2020, depositata lo scorso 14 ottobre.
Secondo i giudici, ai fini della configurabilità del dolo, è sufficiente che il soggetto sia consapevole che il proprio comportamento possa determinare il turbamento o l’interruzione della seduta, accettando ed assumendone il rischio conseguente; nel caso specifico, in particolare, l’interessato, nonostante il richiamo del Sindaco ad interrompere la registrazione non autorizzata, aveva proseguito nella sua azione non autorizzata.
Ricordiamo che il citato art. 340 c.p. prevede la reclusione fino ad un anno (comma 1) ovvero fino a due nel caso in cui la condotta è posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico (comma 2).