La scelta dell’affidamento in house richiede una motivazione incisiva e congrua

Ai sensi dell’art. 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016), “ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.

La norma, come ricordato di recente dal TAR Liguria, sez. II, nella sent. 2 ottobre 2020, n. 680, muovendo dall’implicito presupposto della natura secondaria e residuale dell’affidamento in house, impone che l’affidamento in autoproduzione di servizi disponibili sul mercato sia specificamente motivato adducendo, tra l’altro, le ragioni che hanno comportato l’esclusione del ricorso al mercato.

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che nel caso in cui si opti per l’affidamento diretto in house, sia richiesto un onere motivazionale rafforzato e più incisivo circa la praticabilità delle scelte alternative (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 8 aprile 2019, n. 2275), da compiersi mediante un’analisi effettuata in concreto, caso per caso, sulla base di dati comparabili (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 16 novembre 2018, n. 6456).

 

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