I buoni mobilità, così come definiti dal Decreto del Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare n. 208/2016, si sostanziano in “voucher prepagati validi per l’acquisto di beni e servizi connessi allo sviluppo di forme di mobilità sostenibile quali biciclette, abbonamenti di car sharing o bike sharing, titoli di viaggio sul trasporto pubblico locale, contribuzioni all’abbattimento del costo annuale dell’abbonamento al trasporto pubblico locale”.
Secondo quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate nella recente risposta ad interpello n. 93 del 31 agosto 2020, il buono mobilità va ricondotto nell’ambito di applicazione dell’art. 51, comma 3, ultimo periodo, del TUIR (DPR n. 917/1986), ai sensi del quale “Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a euro 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito”.
È necessario porre particolare attenzione all’avverbio “complessivamente”: ed infatti, come affermato dall’Agenzia, la citata norma richiede che la soglia di € 258,23 non venga superata con riferimento all’insieme di tutti i beni e servizi di cui il lavoratore ha fruito a titolo di fringe benefit nello stesso periodo d’imposta, tenuto conto di tutti i redditi percepiti (e, quindi, non solo avendo riguardo al buono mobilità); qualora il valore dei fringe benefits, complessivamente erogati nel periodo d’imposta (quindi, comprensivi del buono mobilità), superi il citato limite, detto valore concorre interamente a formare il reddito.