Canone di locazione di immobili privati adibiti a caserme: il Comune può contribuire pro quota
I Comuni possono contribuire pro quota, e non per l’intero ammontare, al pagamento del canone di locazione degli immobili adibiti a caserme delle Forze dell’ordine e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco ospitate presso proprietà private e ubicate nel territorio di competenza: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per la Calabria, con la deliberazione n. 161/2020/PAR del 30 luglio.
La normativa di riferimento è rappresentata dal nuovo comma 4-bis dell’art. 3 del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, introdotto dall’art. 1, comma 500, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità per il 2016), in base al quale è stata riconosciuta la possibilità per i Comuni di contribuire alle spese per la locazione di immobili privati adibiti a caserme di Forze dell’ordine nei limiti del “canone di locazione come determinato dall’Agenzia delle entrate”; più precisamente, “per le caserme delle Forze dell’ordine e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ospitate presso proprietà private, i comuni appartenenti al territorio di competenza delle stesse possono contribuire al pagamento del canone di locazione come determinato dall’Agenzia delle entrate”.
Appare chiaro che il contributo diretto da parte dei Comuni ai canoni di locazione per caserme ospitate in immobili privati, rappresenta una forma di aiuto economico assimilabile alla riduzione ex lege dei canoni di locazione per gli immobili pubblici locati alle Forze dell’ordine, trattandosi in ambedue i casi di forme di sostegno consentite dall’Ordinamento.
Sul punto, si era già espressa la sez. reg. di controllo per l’Emilia-Romagna che, con delib. n. 151/2017/PAR del 12 ottobre 2017 aveva affermato che “il legislatore si è riferito ad un contributo, quindi ad un mero concorso pro quota, non anche alla possibile assunzione integrale dell’onere in argomento e che, poiché, la materia dell’ordine pubblico e della sicurezza risulta, in forza di quanto disposto dalla Costituzione, intestata in via esclusiva allo Stato, la disposizione di cui all’art. 1, comma 500, dev’essere considerata di stretta interpretazione, poiché introduce una possibilità che deroga al riparto delle funzioni delineato dalla Carta fondamentale. In favore della lettura secondo la quale l’onere in argomento non potrebbe gravare interamente sul comune, oltre alle richiamate considerazioni è utile ricordare l’etimologia del termine “contribuire”, utilizzato dal legislatore, che deriva dal latino, con-tribùere, quindi “dare insieme”.