Piano triennale fabbisogno personale e norme applicabili all’atto dell’assunzione
Com’è noto, il piano triennale del fabbisogno del personale rappresenta, nell’ambito del concetto della programmazione, uno strumento diretto a rilevare le esigenze dell’amministrazione, da sviluppare in prospettiva triennale ed adottato annualmente in relazione alle mutate esigenze dell’ente; si tratta, quindi, di uno strumento programmatorio che precede l’attività assunzionale dell’Ente e ne costituisce, nel rispetto dei vincoli finanziari, un indispensabile presupposto.
È evidente che il piano è preliminare e distinto dalla procedura assunzionale: di conseguenza, come chiarito dalla Corte dei Conti, sez. reg. contr. Lombardia, nel parere n. 74/2020, non è alla data della sua adozione che bisogna riferirsi per individuare la normativa da applicare alla procedura per le assunzioni; al contrario, vale anche in questo caso il principio generale del “tempus regit actum”, ossia il principio in base al quale la procedura (e, quindi, le regole applicabili, i limiti di spesa e le eventuali agevolazioni) è adottata secondo le norme vigenti in quel momento.
Secondo i giudici, alle procedure assunzionali successive alla data del 20 aprile 2020, si applica immediatamente (non essendo stata prevista dal Legislatore una fase transitoria) la nuova disciplina di cui all’art. 33 comma 2 del Decreto Crescita (DL 30 aprile 2019, n. 34), indipendentemente dalla precedente adozione del piano di fabbisogno, che si configura, per quanto già detto, come strumento flessibile allo jus superveniens in materia di spesa del personale.
Ricordiamo che tale comma prevede che, dal 20 aprile 2020 (data in cui è entrato in vigore il DM 17 marzo 2020 sulle Misure per la definizione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato dei comuni), i Comuni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale e fermo restando il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione, sino ad una spesa complessiva per tutto il personale dipendente, al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione, non superiore al valore soglia definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione.
Il criterio, quindi, è quello della sostenibilità finanziaria della spesa, ossia sulla sostenibilità del rapporto tra spese di personale ed entrate correnti.
Per completezza, riportiamo la tabella del valore soglia delle percentuali di cui sopra, per come indicato nell’art. 4 del citato DM 17 marzo 2020:
Fasce demografiche | Valore soglia |
Comuni con meno di 1.000 abitanti | 29,5% |
Comuni da 1.000 a 1.999 abitanti | 28,6% |
Comuni da 2.000 a 2.999 abitanti | 27,6% |
Comuni da 3.000 a 4.999 abitanti | 27,2% |
Comuni da 5.000 a 9.999 abitanti | 26,9% |
Comuni da 10.000 a 59.999 abitanti | 27% |
Comuni da 60.000 a 249.999 abitanti | 27,6% |
Comuni da 250.000 a 1.499.999 abitanti | 28,8% |
Comuni da 1.500.000 di abitanti e oltre | 25,3% |