Grava sul Comune la spesa per la dismissione degli arredi delle scuole di I° grado
Così come le spese per l’arredamento delle scuole di primo grado spettano al Comune, allo stesso modo gravano sull’ente locale le spese per la dismissione dei medesimi beni una volta verificata la loro inutilizzabilità: è quanto affermato dalla Corte dei Conti, sez. reg. contr. Puglia, nel recente parere n. 28 del 26 marzo u.s.
È l’insieme delle norme disciplinanti la materia in discorso che indica la soluzione alla richiesta di parere sottoposta ai giudici.
Ed infatti, l’art. 85, comma 3, del Decreto Legislativo 16/04/1994, n. 297, recante «Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado» prevede che «La materia dell’edilizia scolastica nella scuola elementare e media comprende altresì gli oneri per l’arredamento e per le attrezzature» ed il successivo art. 159 dispone che «1. Spetta ai comuni provvedere al riscaldamento, alla illuminazione, ai servizi, alla custodia delle scuole e alle spese necessarie per l’acquisto, la manutenzione, il rinnovamento del materiale didattico, degli arredi scolastici, ivi compresi gli armadi o scaffali per le biblioteche scolastiche, degli attrezzi ginnici e per le forniture dei registri e degli stampati occorrenti per tutte le scuole elementari, salvo che per le scuole annesse ai convitti nazionali ed agli educandati femminili dello Stato, per le quali si provvede ai sensi dell’art. 139. 2. Sono inoltre a carico dei comuni le spese per l’arredamento, l’illuminazione, il riscaldamento, la custodia e la pulizia delle direzioni didattiche nonché la fornitura alle stesse degli stampati e degli oggetti di cancelleria».
Peraltro, l’art. 3, comma 2, della Legge 11 gennaio 1996 n. 23, recante «Norme per l’edilizia scolastica», prevede che nella realizzazione di interventi di realizzazione, fornitura e manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici i comuni, per quelli da destinare a sede di scuole materne, elementari e medie, «…provvedono altresì alle spese varie di ufficio e per l’arredamento…».
L’art. 826 c.c., rubricato «Patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni», al comma 3 statuisce che «Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio».
Il comma 2 dell’art. 828 c.c. precisa che «I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano». Il d.lgs. n. 267 del 18/8/2000 (TUEL) contiene una disciplina sul patrimonio degli enti locali e indicazioni sugli inventari (artt. 229, 230 e 233), con rinvio al d.lgs. n. 118 del 23/6/2011 e ai relativi principi contabili.
In relazione al breve excursus normativo descritto, premesso che gli arredi scolastici acquistati ai sensi della richiamata disciplina entrano a far parte del patrimonio comunale quali beni mobili di natura indisponibile per la loro destinazione al servizio scolastico pubblico, secondo i giudici può concludersi che l’ente locale proprietario debba curare anche la fase della loro dismissione, e, in assenza di diversa disciplina regolamentare, procedere alla loro cessione, acquisendo gli eventuali ricavi, o al successivo smaltimento, sostenendone i relativi oneri.