Spese di trasporto per asili nido e scuola dell’infanzia: il Comune può utilizzare risorse proprie
Fermo restando il rispetto degli equilibri di bilancio, il Comune può dare copertura finanziaria al servizio di trasporto per gli asili nido e le scuole dell’infanzia con risorse proprie, con corrispondente minor aggravio a carico dell’utenza in ragione delle condizioni della famiglia e sulla base di delibera motivata: è quanto affermato dalla Corte dei Conti, sez. reg. contr. Veneto, con il parere n. 34 depositato lo scorso 26 marzo.
La questione merita un breve approfondimento.
Come è noto, l’art, 3 comma 2, del DL n. 126/2019 ha previsto che “Fermo restando quanto disposto dall’articolo 5 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 63, la quota di partecipazione diretta dovuta dalle famiglie per l’accesso ai servizi di trasporto degli alunni può essere, in ragione delle condizioni della famiglia e sulla base di delibera motivata, inferiore ai costi sostenuti dall’ente locale per l’erogazione del servizio, o anche nulla, purché sia rispettato l’equilibrio di bilancio di cui all’articolo 1, commi da 819 a 826, della legge 30 dicembre 2018, n. 145”.
Nel riferirsi al servizio di trasporto scolastico, il citato decreto-legge, tuttavia, non prende espressamente in considerazione “gli asili nido e le scuole dell’infanzia”.
Secondo la Corte, nonostante l’assenza specifica, non vi sono motivi per non ritenere applicabile anche agli asili nido e alle scuole dell’infanzia tale previsione. Ed infatti:
- gli asili nido hanno una funzione educativa, a vantaggio dei bambini, e una funzione socioassistenziale, a vantaggio dei genitori che non hanno i mezzi economici per pagare l’asilo nido privato o una baby-sitter (come da ultimo ancora ribadito dalla Corte costituzionale con la più recente, tra le varie, sentenza n. 107/2018); la relativa realizzazione e gestione è stata essenzialmente affidata ai Comuni, sulla base di un piano annuale predisposto dalle Regioni (Legge n. 1044/1971 e Legge 29 novembre 1977, n. 891, recante “Norme per il rifinanziamento del piano degli asili nido e modifica della legge istitutiva 6 dicembre 1971, n. 1044“);
- la scuola dell’infanzia, aperta a tutti i bambini con un’età compresa fra i tre e i cinque anni, di durata triennale e non obbligatoria, rientra nelle articolazioni del sistema educativo di istruzione e di formazione, a norma dell’art. 2, co. 1, lett. d) della Legge 28 marzo 2003, n. 53; quale primo segmento del percorso di istruzione, essa “concorre all’educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare un’effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto della primaria responsabilità educativa dei genitori, contribuisce alla formazione integrale delle bambine e dei bambini” (art. 1, comma 1, del Decreto Legislativo 19 febbraio 2004, n. 59).
Conseguentemente, secondo i giudici, non si può negare l’afferenza degli asili nido e della scuola dell’infanzia alla materia dell’istruzione, garantita dall’art. 34 della Costituzione (in base al quale il diritto di frequentare la scuola e quindi di formarsi deve risultare accessibile a tutti, anche ai meno abbienti) e dall’art. 3 (che pone a carico della Repubblica l’onere di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana), senza dimenticare l’ulteriore referente costituzionale nel dovere di solidarietà sociale enunciato dall’art. 2 della Carta.
Alla materia del trasporto presso asili nido e scuole dell’infanzia vanno, dunque, estesi i principi enunciati dal Legislatore con il citato D.L. n. 126/2019, consentendo ai Comuni di dare copertura finanziaria al servizio anche con risorse proprie, con corrispondente minor aggravio a carico all’utenza.
I giudici hanno anche richiamato i vincoli entro cui tale tipologia d’intervento può estrinsecarsi:
- assicurare il rispetto degli equilibri di bilancio, di modo che la spesa risulti sostenibile per le finanze dell’ente;
- deve essere preliminarmente e formalmente individuata dall’ente la sussistenza di un rilevante e preminente interesse pubblico che giustifichi la necessità dell’intervento;
- devono essere previamente definiti i meccanismi di gradazione della contribuzione degli utenti in conseguenza delle diverse situazioni economiche in cui gli stessi versano.
Ricordiamo, per completezza, che le suddette condizioni erano state enunciate dalla medesima sezione della Corte anche in relazione al differente problema relativo alla retta di frequenza per l’iscrizione dei figli alla scuola dell’infanzia, affrontato con deliberazione n. 339/2019/PAR, dove si era affermato che “il legislatore non nega la possibilità, agli enti locali, di concedere alcuni servizi ritenuti di interesse pubblico prevalente per lo sviluppo della comunità di riferimento, anche a titolo gratuito, secondo le modalità ritenute più idonee per una gradazione della contribuzione a carico delle famiglie meno abbienti, in conseguenza delle diverse situazioni economiche in cui le stesse versano, come rilevabile dall’indicatore ISEE, richiamato dallo stesso art. 9 della Legge n. 65 del 2017. Ovviamente, prevedendo, a tal fine, ragionevoli “scaglioni” differenziati in base al predetto indicatore della situazione economica equivalente, i quali, pertanto, non potranno prescindere dalla verifica delle condizioni economiche dei destinatari, fermi restando tutti vincoli posti dalla normativa vigente in tema di equilibrio di bilancio”.