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Contributi pubblici a società in house: non rilevanza IVA in assenza di corrispettivo

I contributi pubblici a fondo perduto e in assenza di corrispettivo, ricevuti dalla società in house a totale partecipazione pubblica che gestisce il trasporto pubblico locale, non rientrano nel campo IVA: è quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate con la recente risposta ad interpello n. 92 del 24 marzo 2020.
Nel caso specifico, la società si occupava direttamente della gestione della sosta e dei parcheggi e, tramite affidamento a terzi, del servizio di trasporto pubblico locale (TPL), percependo contributi pubblici a fondo perduto dalla propria Regione e dai Comuni partecipanti.
La materia oggetto dell’interpello non è nuova: in precedenza, infatti, l’Agenzia aveva già avuto modo di chiarire che, in linea generale, un contributo assume rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di un obbligo di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive (circolare n. 34/E del 21 novembre 2013 e risoluzioni n. 21/E del 16 febbraio 2005 e n. 16/E del 27 gennaio 2006).
La circolare n. 34/E del 2013, nell’individuare i criteri generali per la definizione giuridica e tributaria dei contributi pubblici, ha ulteriormente chiarito che: “La qualificazione di una erogazione quale corrispettivo ovvero quale contributo deve essere individuata innanzi tutto in base a norme di legge, siano esse specifiche o generali, nonché a norme di rango comunitario. A volte l’individuazione dei criteri di definizione del rapporto è resa agevole dal contenuto precettivo delle norme; altre volte, invece, ci si trova innanzi a rapporti che devono essere qualificati caso per caso. Solo qualora non sia possibile riscontrare una norma di legge che qualifichi le caratteristiche dell’erogazione specifica, si potrà fare ricorso ai criteri suppletivi richiamati nel successivo paragrafo, secondo l’ordine gerarchico indicato” (cfr. anche circolare n. 20/E dell’11 maggio 2015).
Il paragrafo 2 della predetta circolare n. 34/E del 2013 ha individuato alcuni criteri sussidiari per qualificare la natura delle erogazioni:
1) acquisizione da parte dell’ente erogante dei risultati dell’attività finanziata;
2) previsione di una clausola risolutiva espressa o di risarcimento del danno da inadempimento;
3) presenza di una responsabilità contrattuale.
Gli esperti dell’Agenzia hanno concluso che, in assenza dei citati criteri, nonché in linea con quanto affermato nella risposta n. 490 del 2019 (riguardante un caso simile), si ritiene che in assenza di convenzioni o atti riconducibili allo schema contrattuale a prestazioni corrispettive che disciplinino diritti e obblighi tra la Società e gli enti eroganti, e al verificarsi di tutte le anzidette condizioni, i rapporti tra la Società e detti enti non possono essere inquadrati nell’ambito di un rapporto giuridico di natura contrattuale a prestazioni corrispettive.
Conseguentemente, le risorse finanziarie in commento devono essere considerate fuori dal campo di applicazione dell’IVA, ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a), del Decreto IVA, secondo cui “non sono considerate cessioni di beni (…) le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro”.