No della Corte dei Conti al baratto amministrativo per le entrate extra-tributarie

 

 

Il baratto amministrativo previsto dall’art. 190 del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016) non è applicabile alle entrate extratributarie (ad esempio, ai canoni per l’occupazione di suolo pubblico o ai proventi di servizi pubblici): è il principio espresso dalla Corte dei Conti, sez. reg. di controllo per la Lombardia, nel parere n. 21/2020, pubblicato lo scorso 21 febbraio.

Come è noto, la citata disposizione del Codice dispone che “Gli enti territoriali definiscono con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di contratti di partenariato sociale, sulla base di progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione ad un preciso ambito territoriale. I contratti possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze o strade, ovvero la loro valorizzazione mediante iniziative culturali di vario genere, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati. In relazione alla tipologia degli interventi, gli enti territoriali individuano riduzioni o esenzioni di tributi corrispondenti al tipo di attività svolta dal privato o dalla associazione ovvero comunque utili alla comunità di riferimento in un’ottica di recupero del valore sociale della partecipazione dei cittadini alla stessa”.

Secondo i giudici contabili, la norma “non è suscettibile di interpretazione analogica e può essere applicata alle sole ipotesi di riduzione e/o estinzione di crediti di natura tributaria. Nella disciplina regolamentare deve essere, comunque, assicurato il rispetto sia dei principi di legalità, trasparenza, imparzialità e buon andamento, sia delle regole di contabilità pubblica e di salvaguardia dei vincoli e degli equilibri finanziari”.

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