La struttura recettiva che riceve la tassa di soggiorno dal soggetto che ha usufruito dei relativi servizi è qualificabile come agente contabile del Comune a cui le somme riscosse devono essere riversate: è quanto ribadito dalla Corte dei Conti, sez. giurisdizionale Toscana, nella sent. 13 gennaio 2020, n. 15, condannando un affittacamere che, nonostante l’espressa previsione regolamentare, non aveva riversato all’ente locale le somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno (nel caso specifico, la Corte aveva ricevuto la notizia di danno dal responsabile delle risorse finanziarie del Comune).
Secondo i giudici toscana, in sintesi, “in presenza di regolamenti comunali che abbiano esternalizzato le funzioni di riscossione dell’imposta di soggiorno, con obbligo di riversarla al Comune, si instaura, tra il gestore dell’unità ricettiva e il Comune stesso, un rapporto di servizio connotato da spiccati compiti contabili”.
Già in passato la Corte di Cassazione, con specifico riferimento ad agenti contabili di Enti Locali, si era espressa con la sent. n. 14029/2001, nella quale si è affermato che “la qualità di agente contabile è assolutamente indipendente dal titolo giuridico in forza del quale il soggetto – pubblico o privato – ha maneggio di pubblico denaro. Tale titolo può, infatti, consistere in un atto amministrativo, in un contratto, o addirittura mancare del tutto”, puntualizzando come “Essenziale è, invece, che in relazione al maneggio di denaro sia costituita una relazione tra ente di pertinenza ed altro soggetto… Tale nozione allargata di agente contabile, la quale ricomprende anche i soggetti che abbiano di fatto maneggio di denaro pubblico… è in perfetta armonia con l’art. 103 Cost., la cui forza espansiva deve considerarsi vero e proprio principio regolatore della materia”.