Nella definizione delle tariffe TARI non possono considerarsi i mancati introiti conseguenti alla errata approvazione dell’anno precedente

Come è noto, la TARI è un tributo corrisposto in base a tariffa riferita ad anno solare coincidente con un’autonoma obbligazione tributaria (art. 1, comma 650, della Legge 27 dicembre 2013 n. 147).
Le relative tariffe (finalizzate a ripartire i costi del servizio individuati nel Piano Finanziario) devono essere approvate entro i perentori termini di legge (cioè entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione, con la possibilità di modificarle, ex art. 193, comma 3 del Decreto Legislativo n. 267/2000, in concomitanza con la manovra correlata alla verifica degli equilibri di bilancio, “Per il ripristino degli equilibri di bilancio e in deroga all’art. 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”, “entro il 31 luglio di ciascun anno”).
In ogni caso deve essere garantita la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio, ad esclusione dei costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori comprovandone l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente (art. 1, comma 654, della Legge 27 dicembre 203, n. 147).
Secondo la giurisprudenza (cfr. TAR Puglia, sez. III Lecce, sent. 21 novembre 2017, n. 1826), il principio di copertura integrale dei costi con le entrate della TARI va inteso nel senso che (salvo limitate ipotesi straordinarie ed eccezionali) i relativi costi devono essere calcolati secondo il criterio della competenza (in forza del quale ogni costo rileva temporalmente in relazione al momento di maturazione del fatto gestionale sotteso), di modo che ogni tariffa annuale sia costruita in maniera da bastare a se stessa, e non nascere già gravata da ulteriori pregressi oneri (estranei, appunto, ai costi del servizio imputabili all’esercizio finanziario di competenza).
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