I contributi previdenziali dell’amministratore pubblico
La poca chiarezza del dettato normativo – unita all’ interpretazione giurisprudenziale troppo spesso “creatrice” di norme giuridiche, anziché semplice interprete – non manca di creare rebus irresolubili: un caso eclatante è quello dei contributi previdenziali dell’amministratore pubblico.
L’articolo 51, comma 3, della Costituzione recita: «Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro».
A partire dal 2014, sulla base di un cambio di interpretazione, che poi verrà consolidato da tutta la giurisprudenza contabile, la Sezione Regionale per il Controllo della Corte dei Conti della Basilicata afferma che gli amministratori locali, per ottenere da parte dell’ente locale il pagamento della quota forfettaria dei contributi previdenziali, devono, necessariamente, formalizzare anche un’espressa rinuncia all’attività lavorativa professionale.
Tale stato dell’arte determina, per un verso, la contestazione da parte delle Procure presso le Corti dei Conti per danno erariale in caso di corresponsione dei contributi sulla posizione previdenziale aperta e, per altro verso, in caso di omesso versamento degli stessi contributi, l’accertamento da parte dell’INPS, ovvero delle altre Casse Previdenziali. Al momento, l’unica soluzione – essendo, comunque, necessario un intervento normativo, ovvero un self-restraint giurisprudenziale – pare possa essere quella di far accedere il libero professionista, amministratore locale, alla gestione separata INPS (nonostante il parere negativo dello stesso INPS, ma fra tanti mali questo sembra essere il minore), sulla cui posizione potranno essere versati i contributi da parte dell’Ente locale. Alla fine del mandato amministrativo, lo stesso potrà richiedere la ricongiunzione dei contributi versatigli dal Comune.
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